by Tonino Pencarelli, Mara Cerquetti and Simone Splendiani
Economia dei Servizi. Mercati Istituzioni Management, n.1/2013.
ABSTRACT
Nell’ambito di una crescente attenzione alla cultura della sostenibilità, nel 2003 il giornalista Flemmich Webb osservava sulle pagine del «Museum Journal» come tutti parlassero di sostenibilità ad eccezione dei musei («Everyone is talking about sustainability. Except museums»). A distanza di pochi anni la situazione non sembra essere cambiata di molto (Museum Association, 2010): nonostante i potenziali benefici che ne potrebbero derivare per le organizzazioni museali, oltre che per le comunità locali, a livello internazionale ancora pochi sono i musei impegnati in programmi e attività per promuovere lo sviluppo sostenibile (Sutter, 2006, pp. 204-205).
Certamente, soprattutto tra i complessi di più recente istituzione, non mancano veri e propri esempi di green museums progettati per ridurre al massimo l’impatto ambientale; tuttavia, non di minore importanza sono le questioni alle quali i musei potrebbero prestare maggiore attenzione. Analizzando i consumi energetici, ad esempio, si evince che i grandi musei di rilievo internazionale occupano edifici altamente energivori, spesso completamente privi di luce naturale, fittamente cablati, totalmente condizionati e dotati di complessi apparati di monitoraggio e sicurezza, nonché di servizi di ristorazione che producono non pochi rifiuti da smaltire (Civita, 2011, p. 36). Come se non bastasse, in queste strutture, per far spazio ai nuovi, i vecchi allestimenti e spazi espositivi vengono spesso distrutti con scarsa attenzione al riuso o al riciclo dei materiali (Museum Association, 2008). La situazione non migliora se si prendono in esame i musei italiani, nella maggioranza dei casi ospitati in edifici storici in cui effettuare adeguamenti strutturali per incrementare l’efficienza energetica comporta problemi di non facile soluzione, per le esigenze di tutela del contenitore, oltre che per gli elevati costi di impianto.
Considerando più ampiamente la sostenibilità nelle sue tre dimensioni (economica, sociale e ambientale), la questione diviene ancora più complessa. Una recente ricerca sui musei (Burton, Scott, 2003) pone l’accento sul fatto che, a fronte dell’aumento del numero di musei a cui si è assistito a partire dagli anni ’90 del Novecento, il pubblico dei musei non sia aumentato, né si sia assistito ad una diversificazione del profilo dei visitatori (contraddistinto sempre da un reddito medio-alto e da un alto livello di istruzione). Anzi, proprio negli anni della crescente attenzione al tema della sostenibilità, il numero dei visitatori sembra essere diminuito. È questo un dato molto preoccupante, se si pensa che la sostenibilità di un museo dipende dalla sua capacità di creare valore nel lungo periodo per tutti i suoi stakeholders, visitatori in primis (Koster, Falk 2007; Montella, 2009b).
La sostenibilità potrebbe offrire grandi opportunità per i musei, sia suggerendo modalità innovative per interpretare e comunicare le collezioni e raggiungere un pubblico più ampio, sia fornendo nuove ed efficaci soluzioni per la gestione delle relazioni con gli stakeholders locali, oltre che delle collezioni (Merriman, 2008). La cultura della sostenibilità garantirebbe, inoltre, un miglior uso delle risorse e maggiore responsabilità sociale (Museum Association, 2008, p. 5).
Partendo da questi presupposti, il presente lavoro, nella prima parte, cerca di inquadrare le diverse dimensioni della sostenibilità, adeguandole alle esigenze, all’attività e alle finalità dei musei e prendendo in esame sia i principali contributi scientifici sull’argomento sia lo stato dell’arte della loro applicazione in ambito museale, con particolare riferimento alle specifiche problematiche del caso italiano.
Nella seconda parte, invece, vengono riportati i risultati di una ricerca esplorativa condotta nel 2011 su un campione di musei della regione Marche, esempio paradigmatico della realtà museale del centro Italia, dove predominano istituti di piccole dimensioni e limitata fama, per lo più di proprietà pubblica (spesso civica) e non dotati di autonomia gestionale, con sede in edifici storici e ulteriori vincoli strutturali di non scarsa rilevanza. Pur trovando una fonte di potenziale vantaggio competitivo nello stretto legame storico-culturale con il territorio circostante e costituendo un asset distintivo, capace di attrarre nuovi e crescenti segmenti di turisti interessati alla cultura dei luoghi, tali istituti hanno potenzialità non ancora adeguatamente sviluppate e, conseguentemente, forniscono uno scarso contributo allo sviluppo sostenibile dei territori che li ospita.
L’obiettivo dell’indagine qui presentata è duplice: (1) da un lato, indagare luci ed ombre del modello di governance del sistema museale marchigiano ai fini dello sviluppo sostenibile dei musei e, (2) dall’altro, nell’ottica dello sviluppo, in particolar modo turistico, sostenibile, analizzare l’orientamento alla sostenibilità dei singoli istituti museali, secondo un modello di misurazione che si compone di due dimensioni distinte, seppure intimamente correlate: la prima, di natura culturale, è relativa alla consapevolezza dei referenti dei musei circa il significato stesso di sviluppo turistico sostenibile e alla loro propensione ad investire in politiche per la sostenibilità; la seconda, di tipo comportamentale, riguarda l’effettiva attuazione delle politiche operative volte alla sostenibilità (Pencarelli, Splendiani, 2011a). Dall’intensità delle due dimensioni è possibile determinare il livello di sustainability orientation, intesa come la capacità di porre al centro dell’azione manageriale i principi e le prescrizioni della sostenibilità e – per questa via – raggiungere la soddisfazione degli stakeholders.
In questa fase non prenderemo, invece, in esame le politiche turistiche e il ruolo che assegnano al patrimonio culturale della regione, aspetto su cui si potrebbe concentrare l’ulteriore sviluppo della ricerca.